La società in cui viviamo ci insegna quotidianamente a rincorrere la perfezione in ogni cosa. Siamo orientati solo al successo, alla riuscita, al raggiungimento degli obiettivi che ci siamo prefissati. Trovare un lavoro, fare un figlio, avere successo, vincere una gara, essere magri. A parte la discutibilità degli obiettivi, per i quali ci vorrebbe un post a parte, ciò che è interessante indagare è che la possibilità del fallimento non è presa in considerazione così che quando succede, e succede di sicuro prima o poi, non siamo preparati a gestirlo. Nell’ottica della legge di polarità, che non mi stancherò mai di definire fondamentale conoscere e tenere ben presente nella nostra esperienza umana, il fallimento, l’errore, la caduta, sono l’altro lato della riuscita, del successo, della vittoria. La cosa più interessante è che nessun aspetto è meglio dell’altro. Sono entrambi parte della vita.
La grande differenza la fa l’attitudine con cui affrontiamo l’una e l’altra possibilità quando si presentano. Per le vittorie e i successi sarebbe buono ad esempio ricordarsi che sono temporanei ed effimeri, che vanno goduti e lasciati andare, pronti per nuove avventure. Per le cadute, i fallimenti e gli errori siamo meno preparati ancora. Nelle arti mariziali il verbo cadere viene solitamente tradotto con la parola giapponese ukemi a cui possiamo dare il significato di”il corpo che riceve”, intendendo per corpo tutta la persona. Il praticante è consapevole che la caduta fa parte della lotta e che non significa subire quanto imparare. Per ricevere è necessario lasciarsi andare e accettare che qualcosa sta succedendo. Pensate a quando eravate bambini, al numero di volte che siete caduti prima di imparare a camminare, a correre, agli errori fatti nell’imparare a leggere e scrivere e a quelli banali che commettete ogni giorno: bruciare una torta, sbagliare una strada. Che differenza c’è tra queste azioni e quelle nelle quali ci sentiamo bloccati? Quando la paura di fallire è troppa ci congeliamo, diventiamo rigidi e resistiamo, l’energia comincia a stagnare e la realtà attorno a noi di solito inizia a peggiorare, è come se venisse segnalato un guasto. Ma chi decide se ciò che temiamo succeda sia davvero un fallimento nel caso capitasse? Siamo noi a decidere se un errore è proprio un errore. In realtà, si tratta solamente di qualcosa che è successo e che si è manifestato in un certo modo. Di fatto, commettere ciò che viene detto errore è una dimostrazione del fatto che abbiamo scelto di rischiare, ci siamo messi in gioco e abbiamo affrontato la paura diventando più forti, ci siamo trasformati. La natura ci insegna ogni giorno che per raggiungere qualcosa che si avvicina alla perfezione, occorrono migliaia di anni passati a fare i più svariati esperimenti evolutivi. La perfezione è semplicemente qualcosa che non esiste, ciò che esiste è l’armonia e questa si raggiunge danzando tra le polarità.